Fin da quando ero piccola, i luoghi che più mi affascinavano nei racconti e nelle storie che leggevo erano quelli ambientati nelle terre più a settentrione, luoghi avvolti nel mistero e nella vegetazione fitta dove la natura poteva regnare sovrana e noncurante della presenza dell’uomo.
Questo fascino per il grande Nord mi ha accompagnata fino ad oggi e ha contribuito ad incrementare il mio entusiasmo per il regalo di laurea più bello che potessi ricevere: una settimana in nave per vivere in prima persona le realtà di quattro grandi città del mar Baltico, tre di queste capitali- Copenaghen, Stoccolma e Tallinn– mentre la quarta importante porto della Russia- San Pietroburgo.
Date le enormi diversità esistenti tra queste località, ho deciso di dedicare un singolo post a ciascuna tappa ripercorrendo passo dopo passo l’itinerario seguito.

La primissima sosta, in particolar modo, è stata la metropoli della Danimarca, Copenaghen, il cui nome (in danese Copenhagen) si traduce nell’espressione porto dei mercanti in ricordo del passato marinaresco della città: a partire dall’occupazione vichinga l’area, dove oggi ha sede il centro attuale, era stata il nucleo di un villaggio di pescatori- chiamato appunto “porto”- allargatosi sempre più in un processo di sviluppo costante.

Ad essere del tutto sincera non ero sicura di cosa potermi aspettare da questa prima capitale, anche perchè era quella che inizialmente mi ispirava meno delle altre: pensavo fosse grigia, tranquilla in maniera quasi monotona e spenta. In realtà, come accade nella maggior parte delle volte, mi sono dovuta ricredere immediatamente. Fin dal momento dello sbarco, la città mi è apparsa in tutta la sua bellezza e, soprattutto, in tutta la sua vitalità: spostandosi dalla zona di attracco delle navi a quella più verso l’interno, si ha l’occasione di ammirare il distretto di Nyboder, costituito da un insieme di abitazioni in muratura tutte simili e dalle dimensioni ridotte, quasi naniche, per poi avvicinarsi alla parte centrale, ricca di aria frizzante e varietà culturale.

Dalla prospettiva turistica, il fulcro di tutto è senza dubbio Nyhavn, il porto storico (ora punto di partenza per i traghetti adibiti alle visite lungo i canali) dove lo scorrere del tempo sembra non aver danneggiato lo spirito originario. L’allegria che i coloratissimi edifici circostanti emanano si propaga nell’ambiente coinvolgendo sia gli abitanti del luogo, intenti a gustarsi un rumoroso pranzo con gli amici in un’atmosfera stile “salotto”, sia i curiosi visitatori di passaggio, accorsi per osservare le vecchie imbarcazioni di legno o per scattare qualche foto ricordo da portarsi a casa.

Lasciandosi alle spalle il chiasso cittadino e percorrendo una via sul lungomare, si può arrivare alla famosissima statua della Sirenetta, custode degli amori impossibili, realizzata in onore dello scrittore Andersen (autore tra l’altro di numerose fiabe: oltre alla “Sirenetta”, ha scritto “La principessa sul pisello”, “La regina delle nevi” ecc.). Per inciso, nonostante i molti pareri negativi che avevo sentito a riguardo, il monumento non mi ha affatto delusa per le sue ridotte dimensioni. Il corpo della creatura marina è stato curato nel minimo dettaglio e l’espressione del volto esprime al meglio il sentimento di amarezza e malinconia della pena d’amore.

Lungo il tragitto di ritorno, facciamo una sosta nei pressi della fontana di Gefion, raffigurante la leggendaria nascita dell’isola di Copenaghen (Gefjun, dea della mitologia nordica, è rappresentata nell’atto di spronare i suoi figli- trasformati in buoi- a lavorare la terra, avendo ottenuto dal re di Svezia il permesso di gestire un regno grande quanto il terreno che sarebbe riuscita ad arare), e il palazzo di Amalienborg, residenza ufficiale dei reali.

Ciò che mi ha colpito più di tutto, però, è stata l’aria che si respirava vicino alla biblioteca reale- Det Kongelige Bibliotek– una delle più grandi e rifornite dell’intera Scandinavia. L’edificio, ultra moderno fuori e chiamato dai danesi il diamante nero per le lastre di vetro e marmo nero che lo compongono, è invece rispettoso della struttura antica e più autentica delle sale di lettura nel suo interno. Nella zona antistante l’ingresso è, inoltre, presente un bar mentre nella parte esterna si può osservare la sponda opposta del canale su comode sdraio in legno oppure leggere un buon libro rilassandosi al sole.

Posso quindi dire che la prima tappa del viaggio mi ha più che soddisfatto e che le dicerie sul suo conto non hanno alcun fondamento: nonostante la presenza dei molti canaletti ricordi vagamente Amsterdam (di cui spesso Copenaghen viene accusata di esserne un’imitazione mal riuscita), la capitale danese ha una sua anima vibrante che la percorre in ogni suo angolo e che le conferisce il ruolo di porta d’ingresso al mondo nordico.

Alla prossima,
Francesca
Un pensiero riguardo “Nelle terre del Baltico. Prima tappa: Copenaghen, il porto più allegro del Nord”