Il viaggiatore notturno

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Adesso l’uomo cammina qui sotto, mille metri più in basso. Un microscopico chicco di riso. Ha già superato un bivio per la pista che porta al colle. Anche se lo avesse imboccato non sarebbe potuto arrivare prima di notte, né prima di domani. 

Non c’è un solo particolare, in quello che sta facendo, che abbia una spiegazione. Così come stanno le cose, da un punto di vista ragionevole, quel tale, chiunque sia, non dovrebbe essere qui, e se fosse qui non dovrebbe essere vivo, non più da un bel pezzo. Cosa mangia? Cosa beve? Come può proteggersi dal sole di giorno e dal freddo di notte? Niente, in nessun modo. Nonostante quello che porta addosso, è a tutti gli effetti nudo e scalzo. La sua esistenza è nuda e scalza di ragione. 

Ma c’è. Lo vedo ancora, anche se tra poco l’ombra della montagna lo inghiottirà e fino a domattina non sarà in nessun posto. Sta andando verso est. Potrei non credere di averlo visto, ma non basterebbe a tirarlo via dall’orizzonte. Se davvero riuscissi a convincermi di non averlo visto ci avrei guadagnato soltanto un’altra, inutile complicazione.  

Questo posto non è adatto alle complicazioni. Qui le complicazioni non trovano riparo, possono solo essere appianate, distese e dissolte, diventare cristallo da aggiungere all’immenso cristallo di basalto sgorgato dal cuore della Terra. 

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