Anton cominciò a capire cos’aveva portato quell’uccello fin lassù. Avvertì di colpo la fantastica attrazione che suscitava quel deserto. Voltò le spalle al mare coperto di ghiaccio e lasciò lo sguardo vagare sulla terra. Ancora una volta il suo animo si riempì d’infinito. […]
Il suo sguardo si fece distante ed egli partì in viaggio. Per la prima volta nella vita, Anton viaggiava dentro di sé. Era da qualche parte al di fuori del suo corpo, da qualche parte tra il fondo della valle e l’immensa volta del cielo. E non vedeva, non udiva, non ricordava. Sentiva intensamente la libertà, quella libertà che aveva sempre sognato e a cui aveva sempre aspirato attraverso i suoi sogni. Quella libertà che la grandiosa terra polare gli aveva pazientemente messo davanti e offerto per quei tre anni.