Il deserto ha qualcosa di repulsivo, qualcosa che frustra il nostro istinto di trovare un riparo e rende incerte ed effimere le nostre dimore. Ma è proprio a causa di questa scarsa accoglienza che l’uomo interessato alla sua disciplina ne trova allettante l’aridità rocciosa e l’ambiente disagiato ed ostile.
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L’oscurità della notte cancellava ombre e contrasti e ripuliva la faccia del deserto trasformandola in un buio uniforme dove in ultimo c’erano solo tre cose: terra, vento e stelle. E c’ero anche io: ma più che vedermi, sentivo la mia presenza, e avevo l’impressione di essere solo una mente, un puro filo di consapevolezza.
mi incuriosisce questo libro perchè a me il deserto invece attira terribilmente. Luogo simbolo della ricerca interiore.
Anche a me, non mi dispiacerebbe affatto un bel viaggio nel deserto… dormire sotto alle stelle, perdersi nel paesaggio.. un sogno!
Pensa un po’: ho quel libro in mezzo a quelli da leggere. Mi sa che lo metterò in cima alla pila.
Fai bene, è uno dei miei preferiti di letteratura di viaggio americana!